Come risparmiare gas quando cuciniamo la pasta: non è una bufala

In tempi così difficili per le famiglie italiane, con una inflazione stabile confermata all’11%, con gli ultimi dati di novembre, non solo i beni di prima necessità rimangono sull’onda degli aumenti, ma sono arrivo bollette energetiche che si annunciano come assolutamente deleterie per la nostra serenità.

I costi energetici più elevati, con cui dovremo fare i conti anche in questo 2023, ci vedono nel bel mezzo di due fuochi che divampano: la crisi causata dall’invasione della Russia all’Ucraina fa ancora sentire i suoi echi, mentre l’inflazione ci stringe alla gola ogni giorno.

cucinare pasta cottura passiva
cucinare pasta cottura passiva

Un nucleo familiare che vive con un budget di 1500 euro mese, con due figli a carico, e che deve sostenere il peso di un affitto, non può permettersi una bolletta di 200 euro di gas a bimestre in inverno. Siamo di fronte a un colpo di mannaia che recede senza mezzi termini le nostre certezze. E con quel poco che rimane, magari 150 euro al mese, possiamo mai riuscire a mettere un piatto a tavola tutti i giorni? Difficile se non impossibile!

Gli italiani, si sa, non possono e perché mai dovrebbero rinunciare a un buon piatto di pasta. Con un pomodoro di qualità, una foglia di basilico fresco, è quanto di meglio potremmo desiderare. Ma quanto consumiamo di gas, ai nostri fornelli, cuocendo la pasta e portando l’acqua a bollore con il metodo tradizionale?

Risparmiare gas cucinando la pasta a fiamma spenta: ecco cosa dicono gli esperti

Ed ecco che torna prepotentemente il concetto della cottura passiva, di cui si faceva tanto parlare qualche anno fa, ma che effettivamente funziona. Basta solo sapersi organizzare per tempo.

Partiamo da un ragionamento legato al principio della materia stessa, è fisica: se cuciniamo una pasta secca, quindi disidratata, siamo certi che abbiamo bisogno di un’acqua che sta bollendo? La chimica ci viene in aiuto.

L’amido, contenuto nella pasta, per diventare digeribile, “si accontenta” di un punto di calore che non deve superare gli 80 gradi. Avete capito bene.

Il fenomeno della gelatinizzazione consiste nella disorganizzazione dei granuli d’amido in ambiente acquoso, a un’idonea temperatura, tra 50 e 80°C a seconda dell‘origine vegetale dellamido. Non si tratta, quindi, di una reazione chimica, ma di un processo fisico. Vuoi vedere, quindi, che se porto l’acqua a bollore, calo la pasta e copro con il coperchio, potrò avere una pasta altrettanto al dente?
Oltretutto, secondo gli esperti, avremo anche una pasta molto più digeribile, dal momento che c’è meno dispersione di sostanze nutritive. 80 gradi sono quindi la temperatura perfetta di trasformazione degli amidi contenuti in una pasta italiana.
Coniugare insieme, risparmio e salute? Allora è davvero possibile, basta solo avere più tempo a disposizione e un pizzico di pazienza in più. In fondo anche qualche euro in meno di gas sulla bolletta potrebbe fare la differenza, no?
Se per qualcuno tutto questo corrisponderebbe addirittura a una bufala, per molti altri non lo è. Molti chef di fama mondiale, e accanto a loro nutrizionisti e chimici degli alimenti, suggeriscono ancora oggi la “cottura passiva” della pasta all’italiana.
Ovvero indicano di spegnere il fuoco durante la cottura, per risparmiare addirittura fino al 47% di energia e di emissioni di anidride carbonica. Mettere un coperchio sulla pentola mentre bolle, spegnere il calore dopo aver calato la pasta e usare la giusta quantità di acqua fa anche la differenza.
Il primo a sostenere questa tesi, e gliene va reso merito, è il chimico e scienziato Bressanini. Molti lo accusarono anche di “eccessivo ottimismo” rispetto ad un ipotetico risparmio di gas sulla bolletta. Ma oggi, a distanza di anni dalla tesi di Bressanini, il discorso sulla cottura passiva torna ad avere la sua valenza e trova l’appoggio di altri illustri professionisti del settore alimentare.
Impostazioni privacy