Pensione anticipata a 62 anni, Quota 103 conviene a tutti?

Andare in pensione anticipata a 62 anni è prevista dalla nuova manovra di governo. Lo prevede Quota 103, ma conviene davvero a tutti? Ecco che cosa c’è da sapere in merito e come funziona.

Numerose sono le manovre che si stanno mettendo in pratica in queste settimane dal nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni, insediato dopo le elezioni politiche del 25 settembre. Tra le novità c’è quella della pensione anticipata, che permette ad alcuni lavoratori uscire dal mondo del lavoro a 62 anni. Andiamo a vedere i dettagli di questa novità governativa.

pensione con quota 103
fonte foto: Canva

Il 2023 sarà un anno di cambiamenti importanti per quanto riguarda il lato economico, sia per questioni fiscali che per quelle pensionistiche. Come si vociferava già da un po’, da gennaio un lavoratore può andare in pensione a 62 anni con Quota 103. Ma in che cosa consiste? In pratica è una pensione anticipata che molti definiscono anche come la nuova ‘Quota 41’.

Parliamo della somma degli anni previsti (62 anni) e quella dei contributi versati al momento dell’uscita dal lavoro (41 anni). La somma algebrica è, appunto, 103 anni. Da qui, il nome Quota 103. Sul tema, però, non c’è grande entusiasmo, o almeno non da tutte le parti. Visto che i dubbi sono diversi e notevoli. Le perplessità riguardano le limitazioni dell’importo pensionistico. In pratica si si tratta di un limite di erogazione.

Pensione con Quota 103, le limitazioni: a chi conviene?

Sicuramente, quando si parla di convenienza della pensione anticipata con Quota 103 bisogna sempre fare riferimento all’età. È indubbio il fatto che uscire dal lavoro a 62 anni è conveniente. Tuttavia, lo sarà probabilmente solo per quei lavoratori che hanno raggiunto una pensione maggiore a cinque volte il trattamento minimo. A tutti gli altri, invece, ci sarà un limite sulla pensione.

In poche parole, chi accetta Quota 103 e quindi non arriva ai 42 anni e 10 mesi di contributi Inps, non avrà una pensione più alta di cinque volte il trattamento minimo. In pratica avrà un taglio dell’assegno pensionistico. Quando ci riferiamo al trattamento minimo, parliamo di pensione minima che l’Istituto di previdenza eroga agli ex lavoratori ogni anno. Nel 2022, questo trattamento era di somma 525 euro.

In poche parole, se rimanesse tale limite anche nel 2023, chi decide di andare in pensione con questa nuova manovra dovrà prendere massimo 1.900 euro al mese. Questo perché la pensione maggiore a cinque volte il trattamento minimo è pari a 2.625 euro al mese lordi. Sicuramente, chi è sicuro di meritare un trattamento superiore ai 1.900 euro al mese è una misura svantaggiante.

Ma quanto dura questo limite pensionistico? Secondo quanto si legge su Proiezioni di Borsa, pare proprio che, chi vuole uscire dal mondo del lavoro a 62 anni, avrà questo taglio fino a 67 anni. In poche parole, fino a quando si arriverà all’età delle pensione di vecchiaia. È una penalizzazione pesante che potrebbe spingere molte persone a lavorare ancora per un altro anno e 10 mesi, per gli uomini. Mentre per le donne basterebbe rimanere nel mondo del lavoro solo per altri 10 mesi.

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